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LIBERIAMO ANZIANI IMPRIGIONATI A VITA DALLA RIFORMA PENSIONISTICA

Per: Anziani, giovani, tutti.

ANZIANI IMPRIGIONATI A VITA NELLA RIFORMA PENSIONISTICA
di Alberto Pellè - www.albertopelle.it

Tra preoccupante disoccupazione e precariato, esodati, chi perde lavoro né lo ritrova, c’è anche chi dopo otto lustri vorrebbe ma non può lasciare l’attività, vedendo tradita la vita e il sogno di libertà conquistata.
Si è di fronte a una previdenza che, pur in attivo ma deviando la ricchezza, continua nell’innalzamento scellerato dell’età pensionabile anche contro chi, senza scelta e senza essere causa di sperperi, stava per maturarla.
In “Senza Pensioni” gli autori affrontano il futuro previdenziale pubblico e privato di giovani e anziani. Oltre alla scarsa crescita economica e demografica, s’inizia a lavorare più tardi. Stipendi e pensioni non sono commisurati al costo della vita, e pagarsi una previdenza aggiuntiva è assai difficoltoso. A ciò si uniscano, nello sbilanciamento tra entrate e uscite della previdenza, quanti dichiarano poco o nulla al fisco, chi non versa contributi pensionistici e i professionisti a riposi forzati.
Nell’affermare che si è “in rosso”, il governo corre con l’accetta a tagli lineari su Pensioni e Sanità, più che ricorrere ad altre entrate e a sensati rimedi. Questione di “priorità”, mentre, tra disuguaglianze, non si tagliano le cause che da anni portano “in rosso”, come le opere insostenibili e il mal costume.
Si è ora giunti a un embargo contro i comuni pensionabili con monologhi quali: “Il risparmio sulle pensioni serve per salvaguardare il futuro previdenziale dei giovani”, quando non si dà loro futuro e al contempo si sottrae quello conquistato agli attuali anziani imprigionandoli sul lavoro. Si sostiene che “non si possono dare pensioni per quaranta anni lavorandone trenta”, come se andando in pensione dopo sessanta/settant’anni si vive in genere altri quaranta, a dispetto delle statistiche e del buon senso.
Intanto si stanno sacrificando gli attuali onesti anziani che saranno forse l’ultima generazione a lavorare per 45/50 anni. In un lampo sono stati scippati i sacri diritti conquistati in sessant’anni e nessuno fa niente!
Così gli anziani di oggi dovranno continuare, in condizioni inumane, a lavorare “gratis” altri lunghi anni per poi percepire, con i nuovi drastici sistemi, una pensione decurtata del 35% e più vicina alla “speranza di morte”, visto i tagli e l’età pensionabile (la più alta al mondo) verso i settant’anni. Dalla schiavitù alla spoglia e corta vecchiaia.
Questa la riforma del lavoro e delle pensioni nel motto della “equità-crescita e del risanamento". Quando oltre ai suicidi, agli esodati, al precariato e all’articolo 18, si è trasformato il lavoro in una prigione da cui ora né si può uscire né entrare. Pur di far banca, si è speculato attraverso la frettolosa e devastante riforma blindata Monti-Fornero che, appoggiati da PD-PDL-UDC, hanno legittimato il tradimento contro l’economia equa e i valori inalienabili. Ciò in nome di un debito pubblico (che è aumentato) e di una necessaria medicina amara data però a pazienti sbagliati. Abbiamo un po’ tutti delle colpe nell’aver permesso tutto questo, ma va superato con responsabilità, anche nelle imminenti votazioni elettorali.
Occorre usare correttamente i contributi più che sterminare le tutele sociali, ed è necessario far scegliere o riportare l’uscita lavorativa a quota 96 (anni d’impiego più l’età anagrafica), per incentivare l’occupazione giovanile e ridare etica e dignità all’uomo.


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