per il mantenimento dell'Archivio di Stato a Fano
Per: Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro per i Beni e Attività Cultutrali
Un progetto nazionale di riorganizzazione della rete degli Archivi di Stato rischia di creare effetti devastanti nella realtà attuale di questo prezioso servizio. Se realizzato creerebbe enormi disagi per i cittadini e gli studiosi italiani e stranieri annullando la capillarità essenziale dell’accesso al patrimonio storico documentario.
Secondo questo progetto le Sezioni di Archivio di Stato verrebbero chiuse e ciò che conservano disperso non si sa dove, vista l’incertezza dell’esistenza degli stessi Archivi di Stato da cui le Sezioni dipendono.
Quando nel 1963, il Ministero dell’Interno, da cui allora dipendevano gli archivi, organizzò l’organigramma degli istituti di conservazione presenti sul territorio nazionale, fu attivato, in ogni città capoluogo di provincia, un Archivio di Stato, demandato alla conservazione della documentazione storica prodotta su quel territorio dagli organi periferici dello Stato preunitari e postunitari e di altri archivi dello Stato o che lo Stato ha avuto in deposito.
Accanto a questi Archivi di Stato attivati in ogni città capoluogo di provincia, in 40 comuni del territorio nazionale, non capoluoghi di provincia ma conservanti fondi documentari di particolare pregio, per aver avuto una storia di particolare interesse ed in qualche modo diversa dal resto del territorio della provincia, furono attivate le Sezioni di Archivio di Stato, dipendenti dall’Archivio di Stato attivato nel capoluogo di provincia competente.
Fra questi 40 comuni, vi fu Fano, in cui appunto, con decreto del Ministero dell’Interno del 10 apr. 1965, fu creata una Sezione d’Archivio di Stato, dipendente dall’Archivio di Stato di Pesaro, come evoluzione di una Sottosezione creata in Fano già dieci anni prima.
La motivazione in base alla quale fu creata la Sezione di Archivio di Stato di Fano è che la città, pur così vicina a Pesaro, ha avuto una storia completamente diversa. Infatti, non ha mai fatto parte del Ducato d’Urbino ne’ della Legazione Apostolica che ne è seguita, ma, dopo la fine della signoria malatestiana (1463), è stata sempre direttamente dipendente dalla Santa Sede.
Questa diversa storia ha chiaramente comportato la produzione di documentazione diversa da quella del territorio circostante, peraltro si tratta di documentazione di particolare pregio, tra cui i preziosi e unici Codici Malatestiani e gli archivi notarili mandamentali dei comuni della vallata retrostante.
Ora, tutta questa documentazione storica non è solo conservata ma è resa fruibile attraverso il riordino e la compilazione degli inventari e di fatto è fruita da studiosi, ricercatori, studenti, sia italiani che stranieri, da professionisti e cittadini in genere nel momento in cui si tratta di verificare, per esempio, vecchie concessioni edilizie, concessioni cimiteriali e quant’altro.
Tutto questo corre il rischio di essere vanificato in caso di chiusura della Sezione.
Se la motivazione della chiusura fosse la riduzione della spesa, il risparmio conseguibile avrebbe una scarsissima incidenza, dal momento che il costo della sede e relative utenze è di circa 7.000 euro annui, una tra le più basse di tutta Italia, con ottimo orario di apertura al pubblico. Meno oneroso di ciò che potrebbe comportare il trasferimento della documentazione, arredi e quant’altro.
Per ciò che concerne la sede poi, è in atto un protocollo d’intesa fra Comune di Fano e Ministero per i Beni e le Attività Culturali, rinnovato nel dicembre 2011, per spostare la Sezione di Archivio di Stato in una più consona situazione, con finanziamenti da parte del Ministero e del Comune di Fano.
Se invece ci si vuole basare sulla lontananza di soli 12 Km. fra Fano e Pesaro, dove ha sede l’Archivio di Stato competente, va detto che ben maggiori sono le distanze in altre direzioni e che Fano rappresenta lo sbocco al mare di una lunga vallata le cui comunità conservano la propria documentazione proprio nella Sezione in questione.
Al Comitato promotore hanno aderito cittadini, amministratori pubblici, associazioni ed istituzioni culturali, club di servizio, professionisti di diverse categorie, docenti di diverse scuole e gradi.